50 – Santarcangelo Festival
50 – Santarcangelo Festival – Scritto e diretto da: Michele Mellara, Alessandro Rossi, Mammut Film
I due autori della Mammut Film ci hanno abituati a film documentari molto ricchi e profondi. Si tratta di un percorso narrativo molto rigoroso. Mellara e Rossi cercano di ricostruire attraverso documenti e testimonianze una storia, che non viene in realtà interpretata, ma scoperta con il pubblico. Come per esempio con I’m love with my car, dove si tratta un tema ormai normalizzato, quotidiano e dato per certo, automatico, quasi indispensabile, come l’automobile. Eppure Mellara e Rossi riescono a farci riflettere sugli impatti che ha sulla nostra vita, nel bene e nel male.
Con 50 – Santarcangelo Festival l’operazione non è molto dissimile. Il problema di raccontare un festival teatrale come quello di Santarcangelo è di tracciare inevitabilmente una storia del teatro italiano e delle politiche di gestione e sviluppo.
Il film ripercorre dalle origini fino agli ultimi anni le scelte autoriali, politiche del comune e dell’ente organizzatore, di direttori artistici affrontando non solo le difficoltà pratiche, ma anche quelle che in prospettiva potevano incidere sulla storia del teatro italiano.
E in quel percorso, così difficile, fatto spesso di mancanze, come di un chiaro e ben tenuto archivio storico, Mellara e Rossi sono riusciti a ricostruire una storia di Santarcangelo, forse meglio anche di quanto la stessa cittadina romagnola abbia percepito e percepisca.
Riflessioni su Santarcangelo
La percezione di tristezza o malinconia. Come se c’era una volta un progetto teatrale collettivo e sociale, ma col tempo si è sgranato. Dal primo tentativo di Patino, passando da Bacci fino a Leo De Berardinis. il tema del terzo teatro, del teatro politico, della attenzione al mondo circostante piuttosto che a se stessi, col tempo si perde. L’onda di autoreferenzialità degli anni Ottanta arriva anche nel teatro.
50 – Santarcangelo Festival non è una vera celebrazione di Santarcangelo, ma non ci saremmo aspettati questo dagli autori, quanto piuttosto un raccontare un percorso, una strada; e una strada può essere malinconica perché favorisce l’introspezione, il guardarsi dentro o anche indietro, i passi fatti.
Mentre si guarda 50 – Santarcangelo Festival si rimane in attesa che arrivi qualcosa, non subito si ha l’impressione di sapere cosa si attende. Si tratta di una assenza che solo alla fine appare evidente, gli abitanti di Santarcangelo. Forse il festival è ormai diventata una gigantesca operazione intellettuale che ha perso le sue origini? Penso al primo catalogo che era anche in tedesco, teso cioè a raccogliere l’attenzione anche dei turisti tedesci della riviera.
E allora questo dovrebbe diventare una grande riflessione sul teatro e sulla cultura in generale (come d’altra parte qualcuno menziona nel film), cioè la perdita o la caduta della parola “politica” nella cultura. Un progetto politico culturale, il terzo teatro, diventa un dibattito autoreferenziale del teatro o uno show di performance. Quindi torniamo al coraggio dei due autori, che hanno affrontato la storia di uno dei festival più importanti e significativi, ma un po’ come la RAI di un tempo, così tesa alla cultura e alla produzione di qualità, è diventato il luogo che deve esserci, non di cui abbiamo bisogno per riflettere sul significato profondo dell’essere umano.
Un po’ come gli antichi greci, abbiamo dimenticato le origini e 50 – Santarcangelo Festival ci sprona a riflettere su cosa sia il teatro oggi e se sia ancora lo specchio dei nostri più profondi archetipi.
Andrea Grilli