Captain America: Civil War
di Anthony e Joe Russo.
Ed è arrivato, come molti fan aspettavano dopo una campagna di marketing della Marvel che ha bombardato il web e non solo.
Sono passati molti anni dalla straordinaria e drammatica saga del fumetto Civil War dove la Casa delle Idee affrontò i grandi temi sociali che stavano e stanno devastando da anni la società statunitense. Il Patrioct Act con la riduzione delle libertà personali ha scatenato ben più di un semplice conflitto, ha portato alle estreme conseguenze, ai confini massimi, l’esercizio delle libertà che costarono sangue e dolore a tantissimi coloni.
Nell”accademia di West Point si discuteva se questa bilancia Libertà e Sicurezza, all’aumentare dell’una, si riduce l’altra o viceversa. Dov’è l’equilibrio tra queste due profonde esigenze? Quanto è cambiato il concetto di sicurezza rispetto alla Rivoluzione Americana? Quando fu pensato il secondo emendamento della Costituzione americana, si pensava proprio alla difesa nel rispetto della Libertà e oggi?
Di questo grande e profondo dibattito nel film non vi è traccia. Il brand “civil war” diventa una scaramuccia famigliare con l’inganno di un super cattivo di turno.
Eppure non siamo di fronte a un brutto film, ma sicuramente ci sono diversi elementi che lasciano perplessi.
Prima di tutto la struttura narrativa ha una fase di drammatizzazione molto lunga, quasi esasperata, potenzialmente indizio di una trama poco condivisa dal team creativo o debole. Di fatti l’introduzione di leggi restrittive sui super è immediata senza indicare un percorso di dibattito o di esasperazione. Per di più la trama parte da un’altra parte… Sembrano due idee sommate in un guazzabuglio, tipo melting pot narrativo.
Personaggi. Troppi, buttati nella varie fasi delle battaglie cercando, ogni volta di dare spiegazioni, di recuperare l’origine degli stessi e cercare di evitare che il pubblico non si chieda “ma chi è questo?” oppure “adesso che succede?”.
Linguaggio. Tra la prima e la seconda parte del film si riscontrano due schemi di linguaggio e di parole a tal punto che si passa da discorsi lunghi, pomposi, esplicativi a uso di parole volgari, frasi più strette e coincise e il ritorno dell’umorismo totalmente assente nella prima parte.
Combattimenti. Abbiamo visto di meglio, come direbbe Shakespeare Much Ado about nothing. Tanto rumore, tanta roba rotta, macchine che si rompono, inseguimenti in gallerie etc… tanto rumore per nulla.
Un film che sembra un patchwork di idee, ma che fa difficoltà a decollare con uno schema più o meno simile ai film precedenti senza averne però la poesia e la potenza narrativa, l’eroismo e la miticità. Sempre che tutto questo non fosse voluto perché alla fine questo film funziona e si spiega solo se è un nuovo inizio, se bisogna catturare nuovo pubblico e gestire la confusione che si sta creando.
I dubbi però rimangono, la qualità è di gran lunga distante dai film precedenti della Casa delle Idee.
Andrea Grilli
PS. il film piacerà tanto a chi non legge i fumetti, ai più giovani e a chi vuole divertirsi senza pensieri.