Darko Maver – La grande truffa dell’arte
Avete mai la sensazione di essere imbrogliati?
Qualche settimana fa arrivò nella nostra mailbox, come in quelle di molti altri, questo documento che annunciava uno dei più grandi e brillanti falsi di Luther Blissett. Si tratta senza ombra di dubbio di un colpo che dimostra la debolezza del sistema culturale, ormai condizionato da formalità e ipocrisie… e da molto ignoranza. Giocando sulle obbligatorietà del dover dire qualcosa, sull’idea di vittimismo dell’arte, oppressa del sistema, dal dover trovare comunque un significato a tutto, le maggiori riviste e i critici del settore ci sono cascati come pere. Ora tutti i quotidiani, Stampa, Repubblica, Unità, riprendono la notizia e cercano di riportare nel percorso di (dis-) informazione la beffa. Ma la beffa ormai ha smascherato l’ipocrisia, chi crederà più ai tromboni che intervennero su Darko Maver?
E se invece tutto questo fosse vero e la beffa fosse attribuirsi l’ideazione di quanto scritto qui di seguito?
Tutto ormai è volubile nel sistema della comunicazione di massa, non esiste più l’anziano che garantisce la fonte della notizia. Non ci rimane che credere a Luther Blissett.
Una rivendicazione di Luther Blissett e 0100101110101101.ORG
Il seguente comunicato rivendica e ricostruisce nei dettagli una beffa ai danni del mondo dell’arte contemporanea, protrattasi per oltre un anno, nella quale sono caduti quasi tutti i più‚ grossi papponi della Critica, pseudo-esperti che di persona o dalle pagine delle loro riviste hanno millantato la conoscenza di un artista in realtà‚ mai esistito. Nel corso dei mesi la figuraccia ha coinvolto, più‚ o meno direttamente, nomi del calibro di Achille Bonito Oliva, Renato Barilli, Jean Clair, Harald Szeemann, Francesca Alfano Miglietti e coniuge, Maurizio Calvesi, Paolo Vagheggi e Giancarlo Politi. Nel novembre ’99 gli artefici della beffa concedono l’esclusiva della rivendicazione a uno dei maggiori quotidiani nazionali. Il giornalista scrive il pezzo, il caporedattore-cultura, entusiasta, assicura che lo farà‚ uscire al più‚ presto… A questo punto, l’articolo viene misteriosamente messo in freezer, e diverrà‚ oggetto di un inspiegabile – o forse facilmente spiegabile – boicottaggio. Ogni richiesta d‚informazioni rimbalza contro un muro di gomma, il suddetto caporedattore continua a dire che lo pubblicherà al più‚ presto. Trascorrono quasi tre mesi, dell’articolo non si sa più‚ nulla. Sospettiamo che qualcuno dei pezzi grossi ridicolizzati abbia esercitato qualche pressione. Abbiamo quindi deciso di togliere l’esclusiva a Lorsignori, e diffondere urbi et orbi la storia che non volevano raccontarvi.
Dichiaro di aver inventato la vita e le opere dell’artista serbo Darko Maver, nato a Krupanj nel 1962 e morto nel Carcere di Podgorica il 13 gennaio 1999.
Darko Maver era nato e vissuto nell’area balcanica, la stessa oggi spolpata viva dagli interessi economici e geopolitici dei potenti, dalle milizie delle diverse etnie e dalla macchina-avvoltoio dei media. Darko Maver era un artista politicamente scomodo, le sue performance erano difficili da digerire, ciononostante era ormai pronto per essere assimilato dal sistema dell’arte. Debitamente omogeneizzata, privata della sua forza espressiva la sua opera era già pronta al viatico canonico che attraverso le gallerie, le mostre, il mercato porta alla pace eterna del museo, apice di un processo anestetico, sterilizzante, disarmante.
Il museo: vero e proprio tempio dove si cerimonia l’arte, è un luogo che falsifica, avvilendola, l’arte che contiene, così come il carcere falsifica rendendola irriconoscibile la vita che nega.
E il teorema, una volta ancora, si dimostra esatto: un artista (un’identità), una poetica, le opere e il sistema è pronto a fagocitare tutto, a tradurre in merce quanto era vita.
…tutto questo per Darko Maver non accadrà.
Perché‚ Darko Maver non esiste! Perché‚ le sue opere non esistono!
Parte I: biografia/la creazione del personaggio
Darko Maver, vero nome di un noto criminologo sloveno, è una creatura mediatica. Costruito nei dettagli per penetrare le difese immunitarie del sistema artistico, novello cavallo di Troia, Darko Maver non ha fallito. Nel momento del suo recupero – inevitabile sorte di ogni pensiero/azione per quanto estremo e radicale – nel momento in cui il cappio si serrava, è svanito, rivelando tutto il suo potenziale.
Parte II: le opere/la mitopoiesi
La diffusione del nome e dell’opera di Darko Maver è una rivolta attiva ad ogni forma artistica dominante. Dove i confini tra realtà e falsificazione, se esistono, sono talmente sottili che spesso i ruoli si invertono ed è la realtà‚ che si trova a copiare l’imitazione, Darko Maver è un saggio di purissima mitopoiesi.
Le agghiaccianti foto, presunta testimonianza della sua attività‚ all’accademia di Belgrado, ritraevano autentici feti e aborti che sono stati creduti senza fatica sculture in PVC e vetroresina di proporzioni giganti e persino indossabili! L’ormai famosa opera Tanz der Spinne è composta di immagini reali di omicidi, stupri e violenze di vario genere: nessun manichino è mai esistito e nessun giornale serbo ha mai recensito le performance di Maver. Tutto questo repertorio di immagini raccapriccianti è reperibile nel sito Internet http://www.rotten.com e in altri simili a disposizione di chiunque abbia lo stomaco per vederle. Lo stesso volto di Darko Maver, riprodotto su diverse riviste e decine di siti web, è in realtà quello di Roberto Capelli, storico membro del Luther Blissett Project bolognese. La verità delle immagini credute simulazioni compensa l’inesistenza di un artista creduto reale.
Ma un’artista, per essere tale necessita di una poetica, di una teorizzazione del suo lavoro. Ecco La Dimensione degli Extracorpi‚ e altri testi deliranti e assolutamente illeggibili – parodia di tutta una serie di teorie nauseabonde sulla mutazione/contaminazione – in cui è impossibile trovare un senso qualsiasi ma di cui un grosso critico, durante l’ultima esposizione del caso Darko Maver il 9-9-’99 a Roma, ha attribuito indignato la paternità a niente meno che Francis Bacon!
In principio erano due siti Internet, l’unica testimonianza dell’esistenza di Maver. Ma Internet come medium non fornisce alcuna garanzia anzi facilita la confusione. L’essere presente in rete era per l’artista serbo decisamente troppo poco perché‚ qualcuno si interessasse alla sua opera. Darko Maver, o almeno le sue opere, dovevano concretizzarsi materialmente per essere notate, e cosi‚ è stato.
Parte III: il carcere/le mostre
Nell’agosto ’98 una rinomata galleria di Lubiana, Kapelica Gallery, espone la documentazione di Tanz der Spinne costituendo un prezioso precedente per le successive mostre dedicate al fantomatico artista. Presto segue infatti quella di Bologna, il 18-19-20 febbraio 1999, nel contesto di una manifestazione per la libertà d’espressione che espone opere di diversi disegnatori tra i quali Liberatore, Martin e Manara. Centinaia di attenti visitatori si accalcano nello spazio dedicato a Maver. Scioccati dalle immagini delle performance, i cui originali sono stati censurati e distrutti, cercano spiegazione-conforto nei testi la cui irrazionalità li lascia letteralmente a bocca aperta, definitivamente disorientati. Risultato: dal febbraio di quest’anno, dopo pochi mesi di vita, Darko Maver è già‚ un mito, perlomeno nel mondo underground.
L’opera di propaganda continua su più fronti: in rete gli sviluppi sulla vicenda: la censura delle opere, la distruzione delle stesse e l’arresto per propaganda anti-patriottica sono riportati a centinaia di iscritti dal periodico EntarteteKunst (http://www.EntarteteKunst.org) fruttando numerose citazioni e link da altri siti.
Contemporaneamente escono alcuni articoli: Flesh Art (n°3, aprile ’99) dedica due pagine alla vita e alle opere di Maver mentre Tema Celeste (n°73, marzo ’99) pubblica il comunicato stampa dell’incarcerazione, avvenuta il 13/1/1999 nell’area del Kosovo, e a questi ne seguiranno altri. Maver sarà sempre più volte preso ad esempio per la censura subita, altrove semplicemente citato.
È in questo periodo che la situazione in Kosovo, già da tempo intollerabile, esplode con l’intervento delle truppe NATO nei Balcani.
Parte IV: la morte/il mito
Al 30/4/1999 risale la notizia della morte di Darko Maver. L’immagine del corpo, verosimilmente pervenuta via Internet, si diffonde rapidamente insieme all’interrogativo inquietante: omicidio o il suicidio come ultima tragica performance?
Quest’ultimo atto della vita di Maver ha trovato eco in un lucido e pungente articolo,
Manichini di guerra, apparso su Modus Vivendi (n. 6, luglio/agosto ’99) che illustra puntualmente come Darko Maver, le sue opere e la sua storia, potessero essere lette come una critica alla realtà mediatica e alla strumentalizzazione delle immagini delle vittime del conflitto bellico.
Dalla morte al mito il passo è breve. E’ il momento della celebrazione dell’artista serbo morto sotto i bombardamenti NATO. Il 12-6-99 alla Biennale dei Giovani Artisti a Roma il gruppo teatrale Sciatto produce e dedica all’artista serbo il suo spettacolo-performance intitolato appunto Awakening, a tribute to Darko Maver ed espone nuovamente il materiale documentario sulla sua opera.
Il 23 settembre, alla 48° Esposizione Internazionale d’Arte a Venezia, viene presentato il documentario Darko Maver – L’arte della guerra.
Il 25 dello stesso mese il Centro di Produzioni Multimediali Forte Prenestino di Roma ospita una retrospettiva dedicata all’opera di Maver. In mostra, oltre alla documentazione delle performance di Tanz der Spinne le opere giovanili fino ad ora inedite, per lo più‚ sculture e collage, realizzate nei primi anni ’80.
La presenza di Maver alla biennale veneziana rappresenta senz’altro il massimo obbiettivo perseguibile nel lungo processo dimostrativo della permeabilità di un sistema come quello dell’arte.
Tutto il materiale relativo al Caso Darko Maver – opere, articoli, fotografie ecc. – è reperibile all’indirizzo: http://www.0100101110101101.ORG/maver