Frankenstein Junior, il ritorno
Frankenstein Junior di Mel Brooks, con Gene Wilder, Marty Feldman e Peter Boyle. 1974.
Torna nelle sale cinematografiche un film culto per gli amanti del cinema di Mel Brooks, ma anche per gli amanti del film horror, dei film comici, dell’umorismo e di tanti altri generi. Con Frankenstein Junior Mel Brooks riesce a combinare diversi generi, senza mai perdere il ritmo narrativo e senza cadere in contraddizione o in un incoerenza narrativa o di stile.
Nella stessa scena ci fa ridere, ma introduce tematiche scientifiche, ci spaventa e stuzzica il nostro desiderio.
Mel Brooks legge con attenzione il romanzo della Shelley, ma guarda con attenzione anche la versione cinematografica di Whale, di cui eredita il laboratorio e le scenografie.
Gene Wilder riesce a interpretare, ironicamente, il confine maledetto tra blasfemia (credere di essere D-o) e il limite dell’uomo (essere immagine di D-o, solo una immagine).
Le capacità, potenzialmente illimitate, della scienza mettono in pericolo l’uomo stesso da se stesso, che potrebbe perdere il senso del limite, che nella grande narrazione della Shelley, è la morte.
Oltre la morte stessa non possiamo andare, eppure bramiamo di superare questo limite. Allora Mel Brooks interviene deridendo tutto e tutti: la morte, l’uomo, la scienza, la società, anche lo stesso umorismo e il cinema, e anche l’amore.
L’ultima parola del film è uno schiaffo a tutto e tutti, lo Schwanzstück è un inno all’ipocrisia della società.
Yiddish e Frankenstein Junior
Non avremmo mai potuto avere un capolavoro di questo tipo, questo film, se non fosse stata l’anima umoristica ebraica, anzi dell’yiddishkeit a impregnare la pellicola del film.
Proprio dalla parola Schwanzstück, ma soprattutto dal tema principale, solo l’ebraismo aveva e ha gli strumenti culturali per confrontarsi con il divino, con il potere supremo della creazione e della morte per porsi la domanda principale, fondamentale: possiamo sconfiggere la morte?
La domanda rimane irrisolta e insoluta, perché anche di fronte la morte, sembra che lo stesso Creatore si fermi. Abele rimane morto e la morte stessa è una delle punizioni che D-o infligge a chi viola il Patto.
Forse solo l’amore è ammesso, forse solo l’amore è salvifico. A differenza della tragedia del romanzo originale, Frankenstein Junior finisce con un lieto fine… l’amore, vissuto onestamente, non ha limiti. Anche un mostro, l’ebreo errante forse, odiato da folle inferocite, può trovare la pace e la felicità cercata.
E poi il Schwanzstück risolve tutto.