Il canto di Kali
Dan Simmons “Il canto di Kali”, trad. Lidia Perria, Oscar Mondadori, £. 14.000
Vi sono luoghi troppo malvagi perché sia consentito loro di esistere.
Con questa frase agghiacciante Dan Simmons, che nel 1985 si affermò proprio con questo romanzo, inizia a narrare la storia di un uomo che viene inviato in India per intervistare un poeta, Das, che si riteneva morto e che invece dopo anni ricompare.
Anzi dopo anni ricompare un poema inedito e sconosciuto del poeta indiano.
Dove è stato per tutto questo tempo Das?
Perché pur essendo attribuibile a lui, il poema mostra temi e argomenti così lontani dai suoi soliti?
Perché c’è tanto mistero per incontrarlo?
Ma soprattutto cosa c’entra Kali, la sanguinaria dea della mitologia indiana, in tutta questa storia?
Se vi raccontassi un solo evento di questo romanzo, rovinerei il lavoro di Simmons.
Mi limito a segnalarvi la grandezza di questo scrittore statunitense, autore tra l’altro della trilogia di Hyperion, sempre edita da Mondadori, che vaga da un genere ad un altro, dimostrando, sempre che ce ne sia bisogno, che il confine dei generi è morto e sepolto da parecchio tempo… semmai proprio ucciso da Kali.
Calcutta è uno di questi luoghi.
Andrea Grilli