Il ponte delle spie
Di Steven Spielberg con Tom Hanks, Mark Rylance, Sebastian Koch. Scritto da Matt Charman, Joel ed Ethan Coen.
Spesso dimentichiamo i rischi che abbiamo corso quando l’Europa era divisa in due, tagliata da una linea precisa, sottile e pericolosa. I due blocchi si guardavano, carri armati a pochi metri l’uno dall’altro potevano, anche solo per errore, scatenare la fine del Mondo. Abbiamo dimenticato tutto questo, tornando a odiare l’idea che invece ha consentito ai popoli europei di sognare un continente senza guerre.
Steven Spielberg e Tom Hanks proseguono nel loro cammino, ormai iniziato con Salvate il soldato Ryan, a raccontare il passato non troppo lontano del Novecento. E lo fanno questa volta con una regia paragonabile ai grandi film di Orson Welles e Alfred Hitchcock.
Spielberg spinge la ripresa ai limiti dell’occhio, i personaggi, esistiti veramente, sono immagini di arazzi storici che disegnano una storia dimenticata, ma che non avremmo dovuto dimenticare.
La Berlino del dopoguerra è una città abbandonata, stritolata dall’odio dei sovietici per i danni della Seconda Guerra Mondiale compiuti dai tedeschi e dalle prospettive di un imminente guerra atomica.
Il film riesce a non cadere nel tranello dell’autocompiacimento, della esaltazione di una via americana giusta rispetto a quella sovietica. Sicuramente non presenta i due punti di vista simili o di pari valore, ma certamente gli autori hanno preferito non commentare. Anzi in qualche modo ancora una volta il cinema statunitense ricorda la paranoia anticomunista dell’epoca, parliamo degli anni cinquanta-sessanta, del maccartismo.
L’avvocato Donovan, interpretato da un Tom Hanks straordinario, si veste del ruolo di difensore di un sistema, di un punto di vista strettamente americano o democratico-capitalistico rispetto al modello sovietico. Vengono ricordati i valori del sistema giuridico statunitense, che vengono però negati e azzerati di fronte alla paranoia di cui si parlava. È immediato ricordare quanto sia successo dall’11 settembre del 2001 e come gli USA siano caduti nello stesso tranello di paura che li ha portati a creare Guantanamo, il Patriot Act e fondamentalmente a ripetere gli stessi errori di quegli anni della Guerra Fredda.
Il ponte delle spie è un film che dovrebbe aiutare a capire il passato e aiutarci a non commettere gli stessi errori, o almeno a ricordare. E lo fa, lo fa bene.
Due parole infine sui tanti attori che ruotano in questa storia, primo tra tutti, dopo Hanks, un Mark Rylance, che recita per quasi tutto il film in silenzio, parlando poco con la voce, molto con il viso, con le espressioni misurate dei muscoli del viso. E non dimentichiamo un Sebastian Koch, ancora una volta in un film dove la DDR è il cuore della narrazione.