In terra ostile di Philip K. Dick
“In terra ostile” di Philip Dick con postfazione di Daniele Brolli, Vertigo, Tascabili Einaudi, 263 pagg., traduzione di Daniele Brolli.
Einaudi pubblica uno dei romanzi non science-fiction dell’autore di Ubik, Philip K. Dick.
All’interno della collana Vertigo, Einaudi Tascabili, è stato pubblicato un romanzo di Philip Dick che non rientra nella produzione fantascientifica dell’autore statunitense, ma in quella mainstream.
Si tratta di In terra ostile, titolo originale “In Milton Lumky Territory” del 1958, dove si narra dell’incontro tra un ragazzo e la sua ex insegnante, del loro amore, delle loro scelte di vita fino a un momento in cui i due possono fare un bilancio della vita e decidere che non hanno nulla da rimpiangere.
Pur essendo un testo non science-fiction, non si discosta molto da questo tipo di produzione di Dick, come se l’autore cercasse luoghi e tempi diversi dove rappresentare i propri elementi narrativi.
L’oggetto questa volta non è una droga di cui conoscere gli effetti, bensì una macchina da scrivere a cui il personaggio Bruce si avvicina e a cui è legata la sua emancipazione o l’affermazione nella vita civile.
Comprendere il manufatto, saper ripararlo permette a Bruce di essere in grado di avviare la propria attività autonomamente senza essere schiavo delle regole di coloro che governano il mercato.
Ma il conflitto tra la sua donna, decisa ad evitare la conflittualità usando il potere che si è riconsciuta, impedisce un percorso della comprensione con un finale positivo.
Bruce farà il commerciante insieme a Susan, migliorando sempre il proprio stato professionale, ma senza riuscire ad uscire dal binario, dal controllo ossessivo della società.
Bruce rimane rinchiuso nella trappola delle regole sociali, sia in famiglia che nel lavoro.
I temi più cari a Dick sono esplorati attraverso forme all’apparenza più convenzionali, ma non meno efficaci. La frattura tra una presunta vita reale e quello desiderata o immaginata viene qui esplorata attraverso i meccanismi della vita, del lavoro, dei rapporti sociali e famigliari.
Se la fantascienza non lo renderà famoso almeno in vita, la produzione mainstream rimarrà isolata, forse incompresa, schiacciata dal consecutivo successo di capolavori come Ubik.
Andrea Grilli