Massimo Carlotto e le irregolari
Intervista pubblicata su Zero in condotta, 25 Novembre 1999 – versione riveduta e corretta.
Siamo al terzo appuntamento della Parola Immaginata, rassegna ideata da Stefano Tassinari. L’ospite è Massimo Carlotto, scrittore giallista impegnato nel campo dei diritti civili e politici. E proprio su questo campo che siamo andati ad intervistarlo, sul suo essere anche persona impegnata a combattere contro falsità e ingiustizie.
Le Irregolari – Buenos Aires Horror Tour è il libro oggetto della interpretazione degli artisti chiamati da Stefano Tassinari, attori, musicisti e fotografi. Il racconto dell’orrore di una generazione sterminata perché aveva l’attitudine a sognare. Ma i militari non sono capaci di sognare, di immaginare qualcosa di diverso dalla loro caserma, dal loro binario alienante di vita.
Incontro Massimo Carlotto all’ITC di San Lazzaro qualche ora prima dello spettacolo/incontro. Non so chi sto incontrando, conosco la sua storia, ho letto i suoi libri, ma uno scrittore potrebbe anche nascondersi dietro le parole scritte, dietro le metafore.
Invece ho davanti, autenticamente, l’autore delle Irregolari.
Qual è la percezione in Italia della questione dei desaparecidos? e il tuo libro ha avuto un qualche peso nella comprensione della gravità del fatto?
In Itaia il libro ha avuto un peso notevole perché ha aperto squarci di memoria che erano stati rimossi. Va detto che a quell’epoca la sinistra aveva fatto un’operazione molto precisa: privilegiare la questione cilena rispetto a quella argentina. Gli esuli argentini non hanno avuto voce. Il libro ha avuto molto peso anche suagli argentini esuli in Italia, perché da quando è uscito il libro continuo a ricevere materiale su nuove storie, su nuovi casi, molti di più di quelli noti. Gente che per anni è stata in silenzio, adesso mi scrive, mi manda materiali vari, anche su casi sconosciuti nel paese di origine. Ho fatto molte presentazioni di questo libro e mi sono reso conto che non c’è memoria dei propri compaesani o parenti emigrati e scomparsi in quelle terre. Fin adesso è un lavoro (ndr quello della memoria) che hanno fatto gli argentini, e ora in qualche regione, come in Sardegna e nelle Marche.
Però bisogna ricordare che tutta l’Italia, da Torino a Napoli e Sicilia, ha desaparecidos. Su questo ci sarebbe la grossa battagia da fare sul fatto che non è vero che non ci sono gli elementi per valutare i casi, il processo di Roma (ndr. al momento dell’intervista si era appena aperto il processo) riguarda solo otto casi e uno solo è di desaparecion. Si vuole far apparire la desaparecion come un fenomeno marginale, gli altri casi sono omicidi. Ci sono tutte le prove è solo una questione di volontà politica. Ho l’impressione che questo processo, e lo dico da anni, voglia arrivare alla condanna di alcuni militari argentini e poi chiudere la questione. Perché? Perché esistono alcune situazioni che non possono essere toccate, che si chiamano: Fiat, Chiesa Cattolica, Ambasciata Italiana.
Sono situazioni che eredita sia un governo di centro-sinistra che di centro-destra?
Certo, riaprire questi casi vuol dire aprire ferite che nessuno vuole ricordare. E anche vero che i familiari in Argentina dicono che a loro va bene così, perché comunque hanno ricevuto un riconoscimento.
Emergono poi nel libro queste diverse posizioni delle associazioni delle madri su come affrontare le ferite rispetto alla desaparecion: chi si accontenta del risarcimento danni, chi invece vuole giustizia.
Ci sono posizioni politiche molto diverse, perché una parte delle madri è rivoluzionaria. L’altra è un pochino più istituzionale. Loro si accontentano di un riconoscimento. Perché oggi in Argentina, come riportava l’articolo su Zero in Condotta (ndr. numero 92), sta succedendo qualcos’altro. Le democrazie occidentali attraverso Pinochet stanno dicendo che il nuovo corso liberista non vuole più dittature. Solo che per anni hanno allevato squadroni della morte, e adesso questi si stanno ricostituendo perché non vogliono cedere. Tra l’altro tra un po’ ci sarà in Bolivia una riunione della vecchia struttura dell’operazione Condor (ndr. voluta dal Pentagono per opporsi all’espanzione dei movimenti rivoluzionari in Sudamerica) che non ha mai smesso di operare.
È un segno di debolezza il fatto che il fantomatico commando Massera abbia insultato con scritte sui muri le madri di Plaza de Mayo, piuttosto che prelevarle, come avrebbero fatto una volta?
Adesso non possono più farlo perché non vogliono rogne dall’estero, le madri sono protette internazionalmente. Mia zia è protetta perché ha il passaporto italiano. Però i gruppi stidenteschi e degli operai che si oppongono, vengono colpiti duramente dalla repressione, vanno in galera. Le madri in qualche modo sono intoccabili, il resto no, la struttura repressiva è rimasta la stessa.
Non è avvenuto come in Italia dopo la caduta del fascismo, una spartizione delle cariche tra i vari partiti?
Sono stati gli uomini della giunta militare che hanno detto Bene, oggi siamo democratici. Infatti il problema è che questi fanno carriera.
È la questione che sollevava le Monde Diplomatique (ed. italiana, pag.22, numero di giugno, articolo “I militari laino-americani vestiti a nuovo da Mariano Aguirre) sulle carriere dei militari come uomini politici all’interno delle nuove democraie sudamericane.
Certamente. Ma non solo. Questa gente si sta arrichendo in maniera impressionante, perché sta vendendo ossa: ricevono parenti di desaparecidos e in cambio di soldi idicano dove può essere sepolto il loro parente ucciso. È qualcosa di incredibile questo commercio ed è un altro fatto che va denunciato.
Riprenderei la questione del Cile. La sinistra italiana si concentrò sul Cile e non sull’Argentina perché non esisteva un referente politico, un partito socialista o comunista argentino?
Esisteva in Argentina ed era anche molto forte, non è stato represso, perché si è inventato questa follia della via democratica della dittatura. Un percorso democratico della dittatura, che è una follia. Leggi i documenti è veramente racapricciante. Ma poverini non era tutta colpa loro, il problema era dell’Unione Sovietica, che aveva bisogno di grano e bistecche. All’ONU l’URSS impediva ogni risoluzione proprio per questi motivi e i partiti comunisti si adeguarono.
Ci fu un abbandono generale del tipo “fate voi” .
Da sinistra questo, da destra il fatto che stavano per la prima volta nel novecento provando un modello repressivo funzionante. E tutti sono stati a guardare. Non ci sono prove ma gli spagnoli, che avevano il problema dell’ETA, mandavano gli ufficiali in Argentina. Ma anche l’Italia è coinvolta. Le nonne stanno cercando 16 bambini, che sono stati portati qui ed adottati, 16 bambini non entrano così per sbaglio.
Parlando più direttamente del libro, com’è nata l’idea di usare la formula del romanzo per raccontare la desaparecion?
Ho usato questa struttura perché mi sono reso conto che erano usciti a livello mondiale una serei di libri che prima di tutto non coglievano la complessità del problema, e poi perché il racconto-reportage ti permette di usare fatti e persone assolutamente liberi da ogni schema. Mi sono mosso su questo terreno quando i sono reso conto, girando per l’Italia per raccontare il sistema repressivo degli anni settanta, non conoscevo assolutamente questi fatti. In quegli anni facevo parte di Lotta Continua e di quello che succedeva in Argentina si diceva: sono peronisti, si sparano tra loro. Invece no, il problema era un altro, stavano sperimentando un sistema repressivo.
Il titolo “Irregolari” mi ha richiamato alla mente la campagna che in Italia si sta facendo della necessita’ di un paese normal, di una normalità della vita, di una sua regolarità. Nella vita bisogna essere irregolari?
Si, è una scelta di vita. Oggi essere irregolari è fondamentale, è un valore che rivendico.
Saluto Massimo Carlotto e mi avvio verso la macchina. Nell’intervista, di cui questa trascrizione è solo un ampio stralcio, ha anche parlato Pio Laghi e le sue complicità con la dittatura militare, i suoi affari legati alla struttura di Madre Teresa di Calcutta, alla candidatura al soglio pontificio, al suo rilancio grazie all’intervento di Maurizio Costanzo. Ma anche l’importanza del Movimento Zapatista nello scenario rivoluzionario sudamericano mondiale. L’importanza di Carlotto come di tutti coloro che documentano e testimoniano la repressione in questo mondo contro il desiderio ultimo di ogni essere vivente di sognare, è incalcolabile. L’Irregolarità è un valore, camminare (e non marciare) contro l’appiatimento umano che viene coltivato da chi detiene i nodi del potere.