Leviathan
di Andrei Zvjagincev.
Film russo del 2014. Russo è importante, perché questo film è più simile a un capolavoro letterario della letteratura classica russa. Un grande affresco sulla società di un popolo che non conosce percorsi diversi da quelli della fatica, del dolore e della sofferenza.
Il film è una critica senza pietà, senza mezze misure, anche se con grande poetica, del malessere politico della Russia moderna. Non si parla solo di un sindaco corrotto e del prete locale che avidamente scambia il benessere dei fedeli per l’avidità di soldi e chiese sempre più ricche e prosperose. L’autore confronta chi al potere oggi con chi fu. Il passaggio dalla severa dittatura proletaria dell’URSS alla corrotta democrazia. Qual è la levatura o la personalità dei personaggi politici di oggi rispetto a quelli del passato?
L’autore è impietoso. Quelli odierni non valgono neanche un colpo di fucile.
I personaggi del film, interpretati da ottimi attori, sono icone di figure smacchiate, che perdono lucentezza a ogni istante. La vodka consuma il corpo, ma anche l’anima, i rapporti umani e riflette dinamiche che sembravano forti, ma invece sono superficiali, perché la società russa è un insieme di strati sottili consumati di degrado. Ogni russo generazione per generazione è alla merce dei signorotti locali che sono sempre presenti, qualsiasi sia lo Stato e l’ideale che lo guida.
Le leggi, le regole, i ruoli sono frutto di soprusi, di violazioni. Anche l’amore sembra perdere la sua potenza salvifica. Non c’è via di scampo. La società russa indefinita e indeterminata, come un mostro, un leviatano, divora la vita di ogni uomo, lo consuma masticandolo in rituali formali che solo i potenti comandano, ma non comprendono.
Instante dopo istante, tutto si consuma. Anche coloro che sembra siano paladini di una giustizia, vengono sconfitti.
È un film senza risposte, senza domande, solo un cammino senza speranza, dove solo i singoli possono provare a salvare il salvabile, come gli affetti, una parvenza di giustizia, un tentativo di dignità che però prima o poi il Leviatano divora.
Andrea Grilli