Logan – The Wolverine
di James Mangold con Hugh Jackman, Patrick Stewart, Richard E. Grant, Boyd Holbrook, Stephen Merchant e Dafne Keen, 2017.
Wolverine è sicuramente uno dei personaggi degli X-Men meglio riuscito e profondo, insieme ai decani Xavier e Magneto. Un personaggio ambiguo, sofferente, con un carico di esperienza così pesante da disegnare linee complesse intorno a una personalità difficile da cogliere nella complessità.
Logan è un personaggio da grande romanzo. Inutile dire che giocare con la vita di una entità così potente è una sfida, che se vinta, porta l’autore, lo scrittore, ad affrontare temi che vanno al di là di due scazzotate e qualche super potere.
Ma in qualche modo è sempre stato così con i mutanti. Chris Claremont quando rilanciò i mutanti X-Men aveva in mente con profonda chiarezza che la diversità era qualcosa che incide nel cuore di ogni uomo, che lo spinge ad esperienza forti e profonde, e molto dolorose.
Siamo nel 2029, Logan vive ai margini della società, cioè è tornato lì dove Xavier lo aveva trovato tanti e tanti anni prima. Logan, Wolverine, è in un percorso che gira a vuoto. Il grande sogno dei mutanti di convivenza con l’Homo Sapiens sembra sparito. Nel 2029 che conosciamo per piccoli frammenti, non c’è più traccia dell nuova razza che stava emergendo.
A parte qualche accenno, non abbiamo idea se Ciclope, Tempesta, Jean Grey, tanto amata da Wolverine, siano ancora vivi.
C’è solo un uomo, con tanto dolore, un vecchio morente, un albino, che non ha altra scelta che cercare la sua identità, e una speranza, tante speranze, piccole speranze, come lo furono i giovani allievi di Charles Xavier. E dall’altra parte gli umani, sempre e comunque con le debolezze, le paure che li distinguono sempre.
Ma i mutanti non sono mai stati supereroi, non sono Spiderman o Capitan America, Thor o Daredevil. Sono semplicemente essere umani nati diversi. Tutti gli autori Marvel hanno sempre avuto ben chiaro questo elemento.
Logan è la storia di un uomo che è in cortocircuito, che gira intorno se stesso senza trovare una
forza che lo spinga fuori dall’orbita distruttrice. Cattivi, scienziati un po’ fuori dalle righe, disumanità, essere viventi usati come cavie, proprio come nei lager nazisti dove Magneto trovò la forza di esprimere i poteri che lo resero uno dei mutanti più temuti dell’Universo Marvel; tutto questo si oppone a un uomo senza più destino e scopo della Vita. Il cui più grande nemico è sempre se stesso.
Ma è sempre una storia di mutanti, di diversi che combattono per qualcosa di più semplice, forse. La vita, la dignità, uno scopo per dare un senso al gesto quotidiano. È il libero arbitrio che il Santo Benedetto riconosce a ogni essere vivente.
Alla fine è sempre Wolverine.
Andrea Grilli