Mico è tornato coi baffi
di Massimiliano Scuriatti, Bietti
Il titolo di questo romanzo è in qualche modo il riassunto spirituale della storia dei personaggi. Due amici di un paesino della Sicilia che sono costretti a lasciarsi per percorsi di vita diversi. Il narratore è storpio, l’autore non entra mai nei dettagli delle malformazioni, preferisce mostrarci le difficoltà che queste comportano. Mico è l’oggetto principale della narrazione, un super amico che è un riferimento per il narratore.
Mico è partito per la guerra, la Grande Guerra. È partito giovane, nel senso di ancora non uomo, informe nella sua crescita, come informe è il corpo del suo amico rimasto nel paese. Ma Mico affronta una serie di percorsi che lo porteranno a crescere: la guerra, l’amore e i baffi. Già perché i baffi sono un segno di passaggio, una espressione fisica e formale che indica l’ingresso nell’era adulta.
Il narratore invece rimane bloccato, ancorato in un corpo che non gli consente di crescere, di diventare un uomo. Cerca disperatamente di partire, vuole partire, ma quando riesce a staccarsi fisicamente, fallisce emotivamente. Diventare uomini è complesso, richiede anche risorse e forza.
L’amico di Mico ama leggere Pinocchio, un romanzo di formazione, ma che riflette profondamente l’immagine critica che ha di sé.
Intorno ai due amici una Sicilia di inizio Novecento dove superstizioni e cultura popolare si incrociano con una nazione che va alla sua prima guerra, che vede morire i suoi figli senza capirne il motivo.
Un continente isolato e lontano che impone le sue regole, le sue forme, ma che non è in grado di compensare i sacrifici di Mico, Antonino, del nostro narratore.
Massimiliano Scuriatti, siciliano, scritto, drammaturgo e story editor per la televisione, tinge con i colori della lingua siciliana questa storia di amicizia e di formazione. Il linguaggio è una serie di pennellate che animano personaggi di un affresco, quell’affresco che ha un solo nome e una sola definizione, la vita.
La vita che racconta l’affetto di una madre morente che vive per un figlio storpio e un figlio che cerca disperatamente e forza contro la sua stessa natura fisica e anche mentale, di alzarsi e camminare verso un nuovo destino. Ma quel destino sembra già scritto da quel giorno è il nostro narratore è nato. Mico e Antonino sono due di quei tanti giovani che subirono gli effetti devastanti di una guerra devastante.
Qui in paese di tabbùti (cassa da morto, bara) di compaesani ne arrivano sempre meno, ormai sono quasi tutti morti.
Un piccolo romanzo che dona grandi emozioni, un linguaggio chiaro e ricco.
Andrea Grilli