Scatola nera
Di Jennifer Egan, Minimum Fax, traduzione di Matteo Colombo
Un racconto strano, strano nel modo con cui è stato pensato e scritto. Niente di originale, la web scrittura aveva già sperimentato negli anni novanta modi e tempi veloci di scrittura.
Ma sono sempre i contenuti, la storia, che richiamano il cuore e la pancia del lettore. Alla fine della giostra.
E la storia pur nella sua semplicità, un po’ alla James Bond, non tradisce. L’esperimento formale richiedeva l’uso di stereotipi e meccanismi già conosciuti dal lettore per evitare uno spaesamento che avrebbe indebollito l’evento mediatico annunciato dal NYC Times sulle pagine on line.
Quindi ben venga uno schema alla Bond con motoscafi, super criminali in isolotti, belle donne, harem e così via. Ben venga il richiamo a classici della televisione.
Quello che è realmente interessante ed è la chiave forte del racconto, è la visione depauperata del sogno americano, l’impossibilità oggettiva di riuscire a sconfiggere i nemici. L’eroe interpretato magistralmente in tutto in ventesimo secolo da John Wayne, che salva i buoni e innocenti, si sconfigge il male in tutte le sue forme. L’identità unica e indissolubile che dovrebbe esaltarsi nella società statunitense si spegne di fronte alle torri gemelle, ebbene sì sempre loro come sfondo di una crisi identitaria senza ritorno.
Per combattere il male, non ci saranno super commando alla Navy Seal o Berretti Verdi, ma semplici cittadini che devono sacrificare la stessa vita per permettere al vicino di casa di prendere la bottiglia di latte e il giornale la mattina senza temere di essere uccisi; di giocare con il figlio a basket; di guardare alla televisione il Super Bowl… di essere americani come lo furono i padri. Un richiamo a un senso collettivo, a un sacrificio per la collettività che è sempre stata prerogativa dell’eroe, non del cittadino normale. L’eroe rimane tale, il cittadino torna a casa e nella più assolute segretezza su quanto ha compiuto, torna a vivere il sogno:
Nel nuovo eroismo, l’obiettivo è fondersi in qualcosa di più grande del singolo individuo.
Nel nuovo eroismo, l’obiettivo è sbarazzarsi di generazioni di egocentrismo.
Nel nuovo eroismo, l’obiettivo è rinunciare all’ossessione americana della visibilità e del riconoscimento.
e poco dopo:
(Questa felicità…) può derivare dalla consapevolezza che, realizzando tale obiettivo, avrai contribuito a perpetuare il modello americano così come lo conosci.
Il messaggio è chiaro. Alla fine della missione non ci saranno trionfi, celebrazioni pubbliche, premi. Dal nulla sei stato richiamato, al nulla tornerai.
In realtà questa è la procedura degli agenti segreti. Abbiamo dovuto aspettare oltre trent’anni per conoscere l’operazione Argo con il nome di colui che ha pensato ed eseguito il piano più bizzarro che a oggi si conosca.
Interessante e ben costruita è anche l’idea portante di Scatola nera. I tweet scorrono come sbobinamenti di una registrazione e di istruzioni, proprio come una scatola nera sono dati post-mortem di un fatto di cui alla fine conosciamo poco. I personaggi non hanno un nome, sono classificati con pseudonimi senza valore, come Partner Designato. Anzi esiste un doppio binario narrativo tra i fatti che vengono registrati dalla scatola nera e le istruzioni che ricevono tutti gli agenti sotto copertura.
Un modo per cercare di creare una struttura con un minimo di variabilità narrativa per evitare un noioso scorrere di messaggi a 140 battute.
E ora? Difficile dire se abbia senso un proseguo di qualche tipo. Sembra un pezzo di un puzzle più grande che Jennifer Egan sta componendo con i suoi libri, e come ogni buon esperto di External Relation vi direbbe, l’evento oggi si realizza anche su internet. Ma questo non era un semplice giochetto pubblicitario, era uno sbattere in faccia ai lettori americani la loro lenta consumazione identitaria.
Andrea