Star Wars Rogue One
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Star Wars Rogue One racconta di come i ribelli scoprono il punto debole della Morte Nera. Una storie di eroismo e passione con una delicato aroma di amore.
Buona lettura.
Questo nuovo episodio gioca su alcune frasi del IV episodio e sulla idea di tradurre in film l’operazione portata avanti negli anni scorsi da Lucas con fumetti e romanzi.
L’estensione commerciale del brand Star Wars è un bene per gli appassionati. Anche se ovviamente un calo di qualità è naturale se la produzione aumenta, ma soprattutto viene espanso l’universo stesso della saga cercando perciò di coordinare informazioni e personaggi.
Il filme si può tranquillamente dividere in due parti, come spesso accade per i film di Star Wars. Una prima parte costruisce il percorso dei personaggi verso la decisione finale che li renderà eroi, la seconda parte narra l’evento o meglio l’avvento narrativo che li renderà tali.
Lo schema comincia a essere ripetitivo, ma soprattutto è stancante la sequenza di eventi e situazioni di combattimento. Sempre le stesse. Questo Star Wars Rogue One è per di più un patchwork di situazioni già viste e riviste.
Ma soprattutto la prima parte del film segna debolezze generali nella sequenza narrativa (per entrare nei dettagli leggete la recensione Con Spoiler). I personaggi compiono azioni e prendono decisioni che sono giustificate con spiegoni incomprensibili e senza senso.
Bravi però gli attori che salvano il film comunque.
La seconda parte è tutta una super battaglia in stile IV e VI episodio. D’altra parte non ci si poteva aspettare diversamente.
Detto questo l’episodio è coerente però con la saga generale, i personaggi sono dentro la trama generale e meritevole è l’attenzione verso, per esempio, il rispetto della tecnologia (vedi invece la confusione nel film Prometheus). Anche se qui e là c’è un po’ troppo di tutto. Troppi caccia imperiali, troppi caccia ribelli, navi e contronavi.
Si potrebbe dire che è brutto, ma il secondo tempo riscatta. Si potrebbe dire che è bello, ma il primo tempo è inguardabile. E allora?
Allora è Star Wars. Ancora una volta e comunque l’Impero perde, il sogno di libertà, giustizia vince. A costo delle vite di chi crede veramente che si possa cambiare tutto.
Andrea Grilli
Questo nuovo episodio gioca su alcune frasi del IV episodio e sulla idea di tradurre in film l’operazione portata avanti negli anni scorsi da Lucas con fumetti e romanzi.
L’estensione commerciale del brand Star Wars è un bene per gli appassionati. Anche se ovviamente un calo di qualità è naturale se la produzione aumenta, ma soprattutto viene espanso l’universo stesso della saga cercando perciò di coordinare informazioni e personaggi.
Il filme si può tranquillamente dividere in due parti, come spesso accade per i film di Star Wars. Una prima parte costruisce il percorso dei personaggi verso la decisione finale che li renderà eroi, la seconda parte narra l’evento o meglio l’avvento narrativo che li renderà tali.
Proprio la prima parte è la più debole del film, contraddizioni e illogicità sono distribuite nei dialoghi e nelle scelte dei personaggi. Per esempio lo spiegone dello scienziato, Galen Erso, che cerca di giustificare perché avrebbe costruito la Morte Nera anche se era contrario. Il passaggio in cui spiega che se non lo avesse fatto lui, lo avrebbe fatto un altro, non ha senso visto che proprio all’inizio del film gli imperiali vanno a recuperarlo perché solo Galen Erso poteva costruirla. E attenzione la nostra povera vittima accetta senza ricatto (i famigliari non sono nelle loro mani e la moglie si è suicidata abbandonando la figlia: quale madre lo avrebbe fatto?)
Talmente è incoerente la base della trama che è anche difficile da spiegare.
A questo aggiungiamo che l’unico schema narratibo che gli autori di Star Wars sono in grado di immaginare, è il conflitto tra padre e figli. Per non farsi mancare niente, la nostra eroina perde il padre naturale e quello adottivo. Ma lei supera in poche ore tutto ciò e via così a combattere l’Impero.
A questo aggiungiamo che lo schema delle azioni comincia a essere ripetitivo, stancante. La sequenza di eventi e situazioni di combattimento sono sempre le stesse. Questo Star Wars Rogue One è un patchwork di situazioni già viste e riviste.
La seconda parte è tutta una super battaglia in stile Star Wars IV e Star Wars VI episodio. D’altra parte non ci si poteva aspettare diversamente. Ma tutto già visto: i caccia che non possono attaccare perché c’è uno schermo protettivo, poi bisogna far partire una comunicazione di dati che vengono conservati dentro un bel cilindro enorme (questo forse è nel V episodio), navi che si guardano e si sparano.
Visto poi che gli jedi dovrebbero tutti essere morti, ecco apparire un guerriero shaolin cieco, talmente forte che non di capisce perché la saga si basi sugli jedi.
Il finale lo conoscete già, vi è stato raccontato in Star Wars IV, muoiono tutti. Non ci saranno superstiti. Ma d’altra parte non potevano esserci. Altrimenti a che servivano Luke e Han?
Personaggi quindi che devono morire perché la loro funzione era semplicemente quella di trovare un file con il progetto tecnico della Morte Nera. Ma allora perché tutto il primo tempo con la solita problematica psicologica tra padre (anzi padri questa volta) e figlia? Per di più infognandosi in una trama-spiegone che scricchiola dovunque?
Ma fare qualcosa alla Sporca Dozzina?
Detto questo l’episodio però è coerente con la saga generale e meritevole è
l’attenzione verso, per esempio, il rispetto della tecnologia (vedi invece la confusione nel film Prometheus). Anche se qui e là c’è un po’ troppo di tutto. Troppi caccia imperiali, troppi caccia ribelli, navi e contronavi.
Si potrebbe dire che è brutto, ma il secondo tempo riscatta. Si potrebbe dire che è bello, ma il primo tempo è inguardabile. E allora?
Allora è Star Wars. Ancora una volta e comunque l’Impero perde, il sogno di libertà, giustizia vince. A costo delle vite di chi crede veramente che si possa cambiare tutto.
Andrea Grilli