Una città dai molti giorni
di Shulamith Hareven, Giuntina, 2006, traduzione di Rosanella Volponi.
Abbiamo scambiato il senso del tempo con il senso dello spazio.
Forse bisogna conoscere Gerusalemme per capire questo romanzo. Per sorridere e piangere per il destino amaro di questa città che da secoli cerca una pace che sembra non le sia concessa.
Basterebbe queste parole per farci comprendere il senso di una storia umana e urbana che dovrebbe essere tutelata ed esaltata dagli stessi popoli che vi abitano. Invece perdono tempo a combattersi.
Shulamith Hareven ha speso la sua vita per la pace, il settimanale francese l’Express l’ha indicata nel 1995 come una delle donne 100 donne che muovono il mondo.
Il titolo italiano lascia questa sensazione di una città multiforme nel tempo, con mille sentieri e strade di storie umane che si sono incontrate e si incontreranno senza pace. I personaggi di Hareven sono testimoni degli eventi tra le due guerre mondiali, quando una speranza di convivenza si stava concretizzando nella città santa, città santa per la sua storia, per gli eventi, per ciò che l’uomo vede in lei come testimone della storia.
La famiglia Amarillo come il dott. Bazel e Matti e tanti altri sono parte di quella vorticosa essenza della storia ma anche testimoni di un lento declino della spiritualità e dell’attenzione all’uomo stesso.
Quando Sara sul finire del romanzo, di notte, cerca aiuto, sarà accolta in un cimitero della comunità scozzese, un luogo di pace eterna per salvare una donna preda delle grandi passioni amorose e passionali che le donne di quella città hanno sempre vissuto. E romanzo di donne non può che essere questo Una città dai molti giorni. Che siano donne, bambine, anziane, loro sono il punto fermo, l’asse intorno al quale ruota il tempo di Gerusalemme. Ruota l’ansia maschile di trovare uno spazio.
Tempo è cosa da donne, spazio è cosa da uomini. Gli uomini escono di casa e dalla loro comunità e impazziscono, lavorano, combattono nella ricerca di qualcosa. Le donne invece cercano nello stesso posto nel tempo che scorre.
Forse questo è un primo elemento da considerare leggendo questo romanzo.
Poi c’è lo scorrere della scrittura sempre in movimento come un popolo nel deserto in marcia verso la Terra Promessa. L’autrice non si ferma mai, non prende mai una sosta per far riposare il lettore. Scorre il tempo e la storia non può fermarsi. Gli Amarillo sono una famiglia che vive intensamente la città di Gerusalemme e la Terra. Le loro relazioni con i popoli che attraversano la città è multiculturale e secolare. Fanno parte di una ebraicità che non capisce lo scontro che via via si sta montando da entrambe le parti. Ma perché tutto questo?
L’autrice non da una risposta, registra gli eventi come accadono mostrando quanto è poi più facilmente comprensibile. Ognuno ha guardato il suo orto senza osservare quello del vicino.
Pace adesso.
Andrea